INFORMATEL.IT - Il nuovo istituto della “Informativa in ordine all'intento di proporre ricorso giurisdizionale” introdotto dall’art. 243-bis del Codice dei Contratti

 

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Il nuovo istituto della “Informativa in ordine all'intento di proporre ricorso giurisdizionale” introdotto dall’art. 243-bis del Codice dei Contratti

In un precedente articolo si è trattato sinteticamente delle novità introdotte, in materia di contenzioso sulle gare d’appalto, dal D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53. 

L’articolato normativo in questione, entrato in vigore il 27 aprile 2010, e finalizzato al “miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici”, ha infatti modificato sotto numerosi e rilevanti aspetti il Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 163/2006) introducendo nuovi istituti di notevole interesse. Tra essi, si intende oggi esaminare più da vicino quello dell’informativa in  ordine  all'intento  di  proporre ricorso giurisdizionale, di cui all’art. 243-bis del Codice (c.d. “preavviso di ricorso”).

In base a tale nuovo istituto, i soggetti che concorrono ad una procedura per l’affidamento di un contratto pubblico, e che intendono proporre ricorso al TAR in relazione ad essa, hanno l’onere di informare la stazione appaltante circa la “presunta violazione” che si sarebbe verificata nel corso della gara, e di preannunciare la propria “intenzione di proporre ricorso giurisdizionale”. 
Si tratta, dunque, di un adempimento da osservare prima di proporre l’impugnazione al TAR.
La norma prevede altresì che la stazione appaltante, ricevuta l’informativa in questione, debba comunicare entro 15 gg. le proprie determinazioni in merito, chiarendo se intenda o meno accogliere le contestazioni sollevate dal concorrente e rivedere di conseguenza il proprio operato.

L’istituto, nelle intenzioni del legislatore, è evidentemente inteso a deflazionare il contenzioso giurisdizionale relativo alle gare d’appalto. 
Infatti, anteponendo al ricorso al TAR una necessaria fase di valutazione delle contestazioni dei concorrenti in seno alla stazione appaltante che conduce la gara, si vuole evidentemente creare per quest’ultima la chance di riformare le proprie determinazioni illegittime, allo scopo di limitare l’insorgenza di contenziosi destinati a concludersi in modo sfavorevole per la P.A.. 

L’attenzione del legislatore sul punto è sottolineata dalle sanzioni che accompagnano l’obbligo – per l’impresa – di inoltrare l’informativa ex art. 243-bis prima di adire il TAR e – per la stazione appaltante – di riscontrare nei termini prescritti le contestazioni del concorrente. 
L’omissione dell’informativa da parte del ricorrente, così come l’inerzia della P.A. nell’evaderla, rappresentano infatti comportamenti valutabili dal TAR ai fini della decisione sulle spese di giudizio (spese che, evidentemente, sono suscettibili di essere poste a carico della parte che non abbia adeguatamente rispettato le prescrizioni dell’art. 243-bis).
Ma non è tutto: la condotta delle parti in relazione agli obblighi imposti dall’art. 243-bis è idonea ad influire anche sulla condanna della P.A. al risarcimento del danno in favore del concorrente. Infatti, attraverso il richiamo all’art. 1227 del codice civile, l’art. 243-bis del Codice prevede che il danno risarcibile possa essere aggravato o attenuato dal TAR in funzione del mancato rispetto degli obblighi sanciti dalla norma in commento.

Dal punto di vista dell’impresa concorrente, è evidente che l’istituto in esame rappresenta un nuovo ed utile strumento di tutela, soprattutto nelle fasi iniziali ed intermedie della procedura di gara, in cui non si è ancora radicato un interesse concreto ed attuale alla proposizione del ricorso al TAR. 
Infatti, in presenza di situazioni non definitive, o di lesioni solo potenziali (a fronte delle quali potrebbero non essere ancora maturate le condizione per invocare la tutela giurisdizionale), l’informativa di cui trattasi può essere utilizzata per indurre la stazione appaltante a prendere immediatamente posizione sulle questioni che interessano il concorrente.
Invece, quando la stazione appaltante abbia già adottato provvedimenti di immediata e definitiva lesività (ad es. l’aggiudicazione definitiva o l’esclusione dalla gara) l’informativa ex art. 243-bis da parte del concorrente interessato può risultare un mero “atto dovuto” in vista di una impugnativa giurisdizionale che difficilmente potrà essere evitata (e ciò anche in considerazione della ristrettezza del termine decadenziale di 30 giorni per sollevare il ricorso al TAR).

Operativamente, l'informativa ex art. 243-bis del Codice dei Contratti si concreta in una comunicazione diretta al responsabile del procedimento, sottoscritta dall'interessato o da un suo delegato (ad esempio il proprio difensore), che reca una sintetica e sommaria indicazione dei vizi di illegittimità inficianti l’operato della stazione appaltante e degli eventuali motivi di ricorso che si intenderanno articolare innanzi al TAR (fatta salva, in ogni caso, la facoltà di proporre in giudizio motivi diversi o ulteriori). 
La comunicazione può essere effettuata anche verbalmente nel corso di una seduta di gara (in tal caso, essa è inserita nel verbale della seduta e comunicata immediatamente al responsabile del procedimento a cura della commissione di gara).
È opportuno evidenziare che la presentazione dell’informativa non impedisce l'ulteriore corso del procedimento di gara, non sospende il termine dilatorio di 35 giorni per la stipulazione del contratto (c.d. termine di “stand-still”, decorrente dalla comunicazione dell’aggiudicazione definitiva), né tantomeno il termine decadenziale di 30 giorni per la proposizione del ricorso giurisdizionale (ove lo stesso abbia iniziato a decorrere).
Data la finalità deflativa dell’istituto in esame, l’informativa non può essere presentata successivamente alla notificazione del ricorso giurisdizionale. 

Come già evidenziato, a seguito dell’inoltro dell’informativa, la stazione appaltante deve comunicare entro 15 giorni la propria determinazione in ordine ai motivi indicati dall'interessato. 

Tale determinazione può assumere tre distinte connotazioni:

1)  con essa la P.A. può accogliere i rilievi dell’impresa, e dunque stabilire di rivedere in autotutela il proprio operato (ad esempio, può essere riconosciuta la carenza dei presupposti – inizialmente per errore ravvisati – che hanno determinato l’esclusione dell’impresa dalla gara, con conseguente annullamento in autotutela dell’esclusione illegittima e susseguente riammissione al confronto concorrenziale);  
2)  la P.A. può respingere espressamente, in tutto o in parte, i rilievi dell’impresa, esplicitando le motivazioni per le quali ritiene corretto il proprio operato rispetto alle contestazioni mosse (in tal caso, se si ritengono non soddisfacenti le motivazioni della P.A., l’impresa non ha altra strada che rivolgersi al TAR);
3)  infine, la P.A. può respingere tacitamente l’informativa dell’impresa, senza esplicitare alcuna motivazione sul punto: ciò avviene quando siano decorsi 15 gg. dall’inoltro dell’informativa senza che sia intervenuto  alcun espresso riscontro da parte della P.A. (tale ipotesi si realizza in ragione del meccanismo di silenzio-diniego previsto dall’art. 243-bis, comma 4, cit., secondo il quale, l’inerzia della P.A. “equivale a diniego di autotutela”).

Un ultimo accenno deve essere rivolto al regime di impugnazione del provvedimento, espresso o tacito, che la P.A. abbia respinto l’informativa dell’impresa.
Infatti, l’art. 243-bis, comma 6, cit., prevede che “il diniego totale o  parziale  di  autotutela,  espresso  o  tacito,  è impugnabile solo unitamente all'atto cui  si  riferisce,  ovvero,  se quest'ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti”.
La disposizione impone, evidentemente, l’obbligo di impugnare il diniego di autotutela (anche se tacito) unitamente al provvedimento illegittimo presupposto.
Ciò può avvenire con lo stesso atto impugnatorio (il ricorso introduttivo del giudizio) oppure con un distinto atto di motivi aggiunti (ciò nell’ipotesi in cui il provvedimento lesivo presupposto sia già stato autonomamente gravato).
Tale seconda possibilità, tuttavia, appare meno conveniente, a fronte dell’obbligo – sancito dall’articolo 13, comma 6-bis, del D.P.R. n. 115/2002 – di corrispondere il contributo unificato di euro 2.000,00 anche per i motivi aggiunti "che introducono domande nuove".
In tale ipotesi, quindi, il ricorrente potrebbe essere richiesto di pagare due volte il contributo unificato, con conseguente aumento dei costi del contenzioso che potrebbero venire recuperati solo in caso di esito positivo della causa.
Donde l’opportunità di riunire – se possibile – le impugnazioni contro i diversi provvedimenti in un unico atto di ricorso. 

Avv. Alessandro Bonanni
www.contratti-pubblici.it




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