In particolare, almeno due tra le disposizioni sopra richiamate, previste rispettivamente dall’art. 72 e dall’art. 79, comma 21, destano particolare interesse, non solo per l’importanza strategica che rivestono, ma anche perché sembrano lasciare un vuoto normativo che deve essere sicuramente colmato.
Così l’art. 72 del Regolamento – per quanto detto non ammesso al visto della Corte dei Conti - recante “coordinamento della vigilanza sull'attività degli organismi di attestazione”, al fine di dare attuazione alla disposizione di cui all’art. 40, comma 4, lettera f-bis del D.Lgs. n. 163/06, prevedeva che “al fine di garantire un'efficace azione coordinata in materia di vigilanza sull'attività degli organismi di attestazione e di armonizzare i relativi flussi informativi, tutti i soggetti deputati a svolgere l'attività di vigilanza suddetta garantiscono la circolazione delle informazioni e dei dati in forma esclusivamente telematica, a tal fine rilevanti, nei confronti degli altri soggetti titolari di analoga competenza, con forme e modalità tecniche fissate con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Autorità”.
Si comprende bene come la materia de qua sia piuttosto rilevante, tanto che lo stesso Codice dei Contratti ne aveva specificamente indicato l’obbligo di esecuzione e attuazione.
Al riguardo, la Corte dei Conti ha evidenziato che con tale norma “non è stato attuato il disposto dell’art. 40 predetto, in quanto tale adempimento è stato demandato ad una fonte amministrativa subordinata e non a quella regolamentare, come previsto dalla norma primaria”.
Contravvenendosi al principio per cui “non è consentito demandare una disciplina ad una fonte diversa e sottordinata rispetto a quella espressamente indicata da una norma primaria”.
Del pari, la disposizione di cui all’art. 79, comma 21, in materia di requisiti di specializzazione riferiti alla c.d. categorie super-specialistiche ex art. 37, comma 11 del Codice, prevedeva che “in attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 37, comma 11, del codice, ai fini del rilascio da parte delle SOA dell'attestazione di qualificazione nelle categorie di cui all'articolo 107, comma 2, sono stabiliti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per i beni e le attività culturali, i requisiti di specializzazione richiesti per l'esecuzione dei lavori relativi alle medesime categorie”.
Anche in questo caso, quindi, coerentemente con quanto rilevato in riferimento all’art. 72 del Regolamento, la Corte non ha potuto non rilevare come la “menzionata disposizione non [fosse] conforme al dettato dell’art. 37, comma 11, del Codice, in quanto non solo in tal modo non si dà attuazione alla norma medesima a causa del rinvio al ripetuto d.P.C.M., ma anche si contravviene al principio secondo il quale non è consentito demandare una disciplina ad una fonte diversa, avente natura di atto amministrativo e subordinata rispetto a quella inderogabilmente indicata da una norma primaria”.
Con il risultato per cui due importanti disposizioni contenute nel Codice, quali quelle testé menzionate, riferite ad istituti particolarmente delicati, sono ad oggi prive delle necessarie norme di esecuzione e attuazione.
Resta, dunque, un interrogativo.
In quale sede e con quali strumenti normativi potranno essere colmate tali lacune?
La strada è indicata dall’ultimo periodo dell’art. 4, comma 5 del Codice dei contratti, secondo cui le modifiche e le integrazioni al regolamento vengono effettuate con le stesse procedure previste per l’adozione del regolamento, e quindi “su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri delle politiche comunitarie, dell'ambiente, per i beni culturali e ambientali, delle attività produttive, dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Sullo schema di regolamento il Consiglio di Stato esprime parere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il regolamento può essere emanato”.
Percorso non troppo agevole, dunque, e che si spera possa essere portato a termine con tempistiche più contenute rispetto a quelle che hanno caratterizzato l’adozione del regolamento stesso.
Avv. Gianni Marco di Paolo
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